Intervista a Salvatore Borsellino

Intervista a Salvatore Borsellino

A seguire l’intervista di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo, ucciso il 19 luglio del 1992 in via D’Amelio. Diversi sono i temi che sono stati trattati: dalla corruzione che dilaga nel nostro Paese, la figura dell’ex e del nuovo Presidente della Repubblica, la strage di via D’Amelio e la trattativa tra lo Stato e la mafia. Un’intervista che nasce a seguito della partecipazione di Salvatore Borsellino, alla ‘’Notte dell’onestà’’ organizzata il 24 gennaio a Roma dal Movimento 5 Stelle.

di Manfredi Cavallaro

Manfredi: Cosa ti ha spinto a partecipare sabato 24 Gennaio alla “Notte dell’Onestà’’ organizzata dal Movimento 5 Stelle? Ci potresti descrivere in poche parole questa esperienza?

Salvatore: Ho partecipato perché ho ritenuto che fosse necessario “metterci la faccia”, dichiarare ad alta voce il proprio sdegno a fronte del decadimento della politica, dell’amministrazione pubblica, dell’imprenditoria, messo in luce dall’inchiesta “Mafia Capitale” che rende orami indistinguibile il confine tra legalità e illegalità, tra lecito ed illecito, che porta alla luce come le persone incaricate di amministrare il bene pubblico tendano invece soltanto a sfruttare questo soltanto per i propri interessi privati. Ritengo che questo decadimento della morale nel nostro paese sia conseguenza diretta di uno stato deviato che è arrivato ad intavolare e a concludere una trattativa con la criminalità organizzata. Questo ha portato a far si che il cancro mafioso si sia esteso, sia entrato in metastasi e oggi non esista regione del nostro paese che da questo cancro sia immune.

M: Cosa ti ha colpito di più?

S: Quello che mi ha colpito di più è che, in una piazza del Popolo stracolma di manifestanti che gridavano a gran voce il proprio sdegno, la grande maggioranza fosse costituita da giovani. Questo mi fa sperare che un completo ricambio generazionale possa far si che il nostro Paese possa risollevarsi dal baratro in cui è sprofondato.

M: Anche sul palco in cui sei salito hai utilizzato termini forti contro la politica italiana, non risparmiando le maggiori cariche dello Stato. Più volte hai definito l’ormai ex Presidente della Repubblica come il “garante della trattativa’’. A cosa è dovuta questa affermazione? Quali sono stati gli errori più gravi commessi da G. Napolitano?

S: Ritengo che, dopo una congiura del silenzio su questa trattativa che è durata per oltre venti anni, quando i magistrati del pool di Palermo hanno cominciato a sollevare il velo nero che per più di un ventennio l’ha coperta, Giorgio Napolitano sia stato chiamato ad un altro settennato, per fortuna conclusosi dopo soli due anni, per cercare di garantire il mantenimento di questo silenzio. Lo dice anche il suo consigliere politico, Loris D’Ambrosio nella lettera a lui indirizzata prima di soccombere allo stress legato alla vicenda delle intercettazioni fatte distruggere dallo stesso Napolitano, schiantato da un infarto. Sugli “indicibili accordi” di cui si parla in quella lettera, lo stesso Napolitano, chiamato a testimoniare, ha grottescamente affermato davanti alla corte di non sapere a che cosa si riferisse. Per i posti di responsabilità che Napolitano ha occupato nelle nostre Istituzioni nel corso di questo ventennio, egli rappresenta, se non altro, un testimone privilegiato. Eppure ha cercato in ogni modo di bloccare la sua testimonianza e poi, nel corso di questa, non ha detto nulla per agevolare il corso della Giustizia. Gli errori più gravi commessi da Napolitano riguardano soprattutto il conflitto di attribuzioni sollevato con la procura di Palermo, un macigno messo sulla strada della Giustizia teso a delegittimare i magistrati del pool verso i quali non ha mai pronunciato una sola parola di solidarietà anche a fronte delle minacce di morte da questi ricevute. Riguardano la distruzione delle intercettazioni, un gravissimo vulnus al prestigio della più alta delle nostre Istituzioni dato che dopo di questa chiunque potrebbe affermare che quelle intercettazioni contenessero, se non fatti penalmente rivelanti almeno frasi eticamente disdicevoli, come promesse di aiuto al suo interlocutore, allora indagato e poi imputato nel processo di Palermo. Riguardano la firma apposta a svariati decreti poi giudicati incostituzionali dalla Consulta. Riguardano l’irrituale intervento nei confronti del CSM per impedire la nomina a capo della Procura di Palermo di un magistrato esperto di fatti di mafia come Lo Forte favorendo la nomina di un magistrato gradito alla politica e che nei confronti del processo sulla trattativa aveva espresso giudizi negativi. Non è stato, come avrebbe dovuto essere, il presidente di tutti gli italiani, non è stato, come avrebbe dovuto essere il garante della Costituzione, non ha assicurato, come richiede la Costituzione, l’indipendenza della Magistratura, anzi non ha perso occasione per criticarla anche quando cercava di reagire agli attacchi della politica. E’ stato senza ombra di dubbio il peggior Presidente che la storia della nostra repubblica ricordi.

M: Sabato scorso è stato eletto Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ritieni che il nuovo Capo dello Stato, essendo fratello di una vittima di mafia, cercherà di agevolare il lavoro dei magistrati di Palermo e Caltanissetta che stanno cercando di scoprire la verità sulla “trattativa Stato-mafia’’ e sulla strage di Via d’Amelio? O continuerà, a grandi linee, ad agire come il suo predecessore?

S: Ho detto più volte che dopo Napolitano sarebbe stato difficile avere un presidente peggiore; ritengo però in assoluto che quella di Sergio Mattarella sia una ottima scelta. Spero che i fatti mi diano ragione, ma il fatto di essere un profondo conoscitore della Costituzione, di essersi dedicato alla politica soltanto dopo essere stato strappato ai suoi studi giuridici dall’assassinio del fratello, sono elementi che lasciano ben sperare. E poi permettetemi di essere non campanilista ma orgoglioso di essere palermitano per il fatto che finalmente un siciliano, anzi un palermitano, sia stato chiamato a rappresentare la più alta delle nostre Istituzioni.

M: Continuando a ripercorrere il tuo intervento, in occasione della “Notte dell’Onesta’’, hai ricordato che tuo fratello Paolo “si è opposto con tutte le sue forze, con tutto il suo senso dello Stato, alla trattativa’’. Un accordo tra politici e mafiosi che risale agli anni ’92-’93. Ancora oggi vi sono avvisaglie che ci permettono di affermare che la trattativa tra lo Stato e la mafia continua?

S: La trattativa, anzi l’ultima delle tranvie, perché nel nostro disgraziato paese tante ce ne sono state, a cominciare da quella che portò alla strage di Portella della Ginestra, non si è mai interrotta, probabilmente basata anche sui ricatti incrociati legati al contenuto dell’Agenda Rossa trafugata dalla macchina ancora in fiamme di Paolo; e quello che chiamano il patto del Nazareno ne è probabilmente la continuazione, non più nascosta ma alla luce del sole. Lo dimostrano anche i provvedimenti legislativi presi nel corso di questi venti anni da governi di destra e di sinistra, se queste parole possono ancora avere qualche significato. Tanti di questi trovano l’ispirazione nei diversi punti del ‘pappello’. Sono le cambiali che lo Stato deviato continua a pagare all’anti-Stato criminale con cui è sceso a patti e davanti al quale ha piegato la testa.

M: Il 19 luglio ’92, subito dopo l’attentato di via d’Amelio, si creò uno strano via vai intorno al luogo della strage e qualcuno fece sparire l’agenda dove tuo fratello annotava tutto ciò che riteneva importante. Secondo il tuo punto di vista, qual è stata la necessità che ha portato a determinati soggetti a far sparire l’agenda rossa di Paolo Borsellino? Chi aveva interesse a farlo? L’agenda rossa ha influenzato e continua ad influenzare l’andazzo politico del nostro Paese?

S: Non interessava certamente ai criminali mafiosi fare sparire l’Agenda Rossa. Per la mafia il fatto che lo Stato sia arrivato a trattare con la Cupola mafiosa ha rappresentato una elevazione di stato, un riconoscimento implicito di una pari dignità (o meglio di una pari indegnità). Interessava invece a chi l’esistenza di quella trattativa non voleva arrivasse all’opinione pubblica, a chi quella trattativa ha coperto per venti anni e continua a coprire, a chi per quella trattativa ha poi pagato il prezzo, oltre che della strage di via D’Amelio, anche delle stragi di Via dei Georgofili e di Via Palestro, a chi per quella trattava stava per pagare il prezzo di centinaia di appartenentisalvatore-borsellino delle Forze dell’Ordine che avrebbero dovuto essere massacrati nei pressi dello stadio Olimpico, a chi per quella trattativa ha accettato di sacrificare la vita di fedeli servitori dello Stato come Paolo Borsellino e i ragazzi della sua scorta, per salvare la vita ad alcuni politici che, come Salvo Lima, avrebbero dovuto pagare con la vita i patti che la mafia riteneva non avessero rispettato. I ricatti incrociati legati a quell’Agenda Rossa hanno sicuramente condizionato gli ultimi venti anni della nostra storia. La sottrazione dell’Agenda Rossa è il peccato originale di questa che chiamano seconda repubblica, una seconda repubblica le cui fondamenta sono intrise di sangue.

M: Attualmente si sta svolgendo a Palermo un processo che ha lo scopo di stabilire se realmente nel ’92-’93 uomini dello Stato trattarono con esponenti mafiosi. L’ambiente in cui sta lavorando il pool della Trattativa non è dei migliori: tra minacce di morte, accuse dalla politica e dalla stampa nazionale. Sembra che si respiri per l’ennesima volta a Palermo, quell’aria pesante che ha caratterizzato gli ultimi mesi di lavoro di tuo fratello. Chi può avere intenzione a far fuori il sostituto procuratore di Palermo, Nino Di Matteo?

S: Non è certamente ai mafiosi che interessa fermare, anche eliminandolo fisicamente, il magistrato Nino Di Matteo. I capi della cupola di allora sono tutti dietro le sbarre, in regime di carcere duro, non sono loro a volere vendicarsi su Di Matteo; i magistrati di cui hanno festeggiato l’eliminazione non ci sono più, sono morti. Quelli che temono le verità che potrebbe portare alla luce il processo di Palermo sono altri, sono quelli che hanno voluto la trattativa e che non possono permettere che questa venga definitivamente alla luce, quelli che vogliono la morte di Di Matteo, grazie a quella trattativa, occupano oggi posti di rilievo anche all’interno delle nostre istituzioni.

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Manfredi Cavallaro

Manfredi Cavallaro

Studio presso la facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Collaboro con il blog di informazione online ''Il giornale di isola'' e con il quotidiano ''L'ORA''.
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