Diaz, 14 anni dopo

Diaz, 14 anni dopo

La notte del 21 luglio 2011, alla scuola Diaz di Genova, più di 90 ragazzi (e non solo) vengono pestati e massacrati dalla Polizia di Stato. Verrà definita una ‘’macelleria messicana’’. Qualche giorno fa la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per l’accaduto. Quanto compiuto dalle forze dell’ordine italiane nell’irruzione alla Diaz il 21 luglio 2001 “deve essere qualificato come tortura“. La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia non solo per il pestaggio subìto da uno dei manifestanti (l’autore del ricorso) durante il G8 di Genova, ma anche perché non ha una legislazione adeguata a punire il reato di tortura; un vuoto legislativo che ha consentito ai colpevoli di restare impuniti. “Questo risultato – scrivono i giudici – non è imputabile agli indugi o alla negligenza della magistratura, ma alla legislazione penale italiana che non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri“.

Gianni De Gennaro

Gianni De Gennaro

A quel tempo il Capo della Polizia di Stato era Gianni De Gennaro, che in seguito verrà processato perché accusato di avere istigato il questore di Genova a dare falsa testimonianza sui fatti della scuola Diaz. De Gennaro però verrà assolto in Cassazione perché ‘’i fatti non sussistono’’. La Corte Europea, con la recente sentenza, ha riconosciuto che all’interno della scuola Diaz i manifestanti furono torturati. È spontaneo chiedersi come sia possibile che l’allora Capo della Polizia non fosse a conoscenza delle violenze. Chi poteva aver dato il comando di entrare ed agire con un fare nazista all’interno dell’edificio? Sicuramente gli agenti non entrarono lì di loro spontanea volontà, ma qualcuno aveva dato loro tale ordine. Sappiamo solamente che dopo quattordici anni, i ‘’pesci piccoli’’ sono stati condannati, ma gli alti funzionari o rappresentanti delle istituzioni non sono stati toccati. Ci chiediamo come De Gennaro abbia da allora ricevuto incarichi su incarichi, arricchendo in maniera dignitosa la propria carriera. Non solo De Gennaro, ma anche diversi poliziotti che hanno partecipato a quella mattanza sono stati promossi questori, capi di dipartimento, prefetti, e da indagati e condannati hanno raggiunto livelli apicali. Anche chi è stato condannato dalla Cassazione nel 2012 con l’accusa di falso è stato premiato: chi come responsabile della sicurezza del Milan, chi lavora alle banche per poi diventare consulente della sicurezza a Finmeccanica (dove l’attuale capo è proprio De Gennaro).

Diversi esponenti politici hanno chiesto le dimissioni di De Gennaro, aprendo così un dibattito che da qualche giorno occupa le prime pagine della stampa italiana. E’ intervenuto anche il Presidente del Consiglio Renzi: ‘’Il governo non ha alcun dubbio sulla qualità e la competenza di De Gennaro’’. Questo è il ‘’cambiamento’’ che per diverso tempo ha invocato: non disturbare i potenti. Uno scivolone è stato commesso dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, che ha affermato: ‘’E’ stato indagato e assolto. L’assoluzione conta pure qualcosa, quindi non può pagare le responsabilità complessive di una macchina intera’’. Poi ha aggiunto: ‘’Non mi piace l’idea che si possa utilizzare questa vicenda bruttissima, drammatica, una delle peggiori immagini dell’Italia all’estero, per ‘tirare’ sulla polizia, che spesso è la parte più popolare del Paese’’. Alla prima affermazione si può rispondere citando una frase di Paolo Borsellino: ‘’Infine c’è l’equivoco di fondo: si dice che quel politico era vicino alla mafia, che quel politico era stato accusato di avere interessi convergenti con la mafia, però la magistratura, non potendone accertare le prove, non l’ha condannato, ergo quell’uomo è onesto… e no! Ci si è nascosti dietro lo schema della sentenza, cioè quest’uomo non è stato condannato quindi non è un mafioso, quindi è un uomo onesto!’’

Speriamo che la legge sul reato di tortura possa far ancor più luce su ciò che accadde la notte del 21 luglio alla scuola Diaz. A riguardo il leader della Lega Nord, Salvini, ha affermato: “Il reato di tortura è l’ennesimo regalo ai ladri e l’ennesimo attacco alle guardie. La Lega è l’unica contraria. Con questo reato basterà che qualunque delinquente appena arrestato denunci il poliziotto o il carabiniere anche per una violenza psicologica, e il poliziotto o il carabiniere passano i guai”. Ecco che Salvini non perde occasione per lanciare uno dei suoi tanti slogan elettorali con la quale cerca di giocare sulla disperazione delle persone. Magari va ricordato al leader della Lega che chi agisce secondo legge non dovrà temere di esser processato per il reato di tortura. Forse col parlare giornalmente di immigrazione e di rom, Matteo ha perso il lume della ragione.

Di Manfredi Cavallaro

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Eliseo
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Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza con lode presso l'Università degli Studi di Palermo. Ha scritto un romanzo storico, "Societas", edito da BookSprint Edizioni. Scrive sul blog di informazione online "Il giornale di Isola", ha collaborato con "L'ora", con il giornale online "MasterLex", con "IoStudioNews", Tv7 Partinico e Tgs.
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